giovedì 20 agosto 2009

Lettera appello di Shirin Ebadi, premio Nobel per la Pace a tutte le donne consapevoli del mondo

La tragedia dell’Iran è molto più ampia di quanto avremmo mai potuto immaginare.
La gente scesa in piazza per esprimere pacificamente il dissenso ai risultati elettorali ha ricevuto in risposta pallottole e manganelli e molti tra gli scampati sono stati arrestati nei giorni successivi alle proteste.I programmi della radio e della Tv di Stato iraniana hanno annunciato inizialmente 8 morti, successivamente 11, ma, ad oltre un mese dalle manifestazioni di strada, i nomi di molti 'scomparsi' non sono nelle liste né degli uccisi né degli arrestati.
Molte madri angosciate continuano a chiedere alle autorità informazioni sui loro amati dispersi, ma non ricevono risposte. Ora che le famiglie stanno lentamente ricevendo i corpi dei loro figli ammazzati, è divenuto chiaro che il numero delle morti è molto più alto di quello annunciato dal Governo della repubblica islamica. Inoltre, le famiglie sono state costrette a firmare accordi in cui si impegnano a non rivelare come e dove sono morti i loro cari.
Ma non è possibile nascondere per sempre la verità, non è possibile far tacere i pianti, così la tragedia si sta mostrando sempre più chiaramente agli occhi del popolo iraniano, a mano a mano che i giorni passano.Molte madri i cui figli e figlie sono stati ammazzati o sono ancora tra i disperse o sono in prigione hanno formato il Comitato delle madri in lutto. Ogni sabato dalle 7 alle 8 di sera, le madri di questo Comitato e altre donne solidali con loro, vestite di nero in segno del lutto e in silenzio, si radunano nei parchi pubblici delle loro città e stanno in piedi, vigili e silenziose per esprimere il loro dolore.Vorrei esprimere il mio profondo dispiacere e le mie condoglianze alle madri che hanno perso i loro cari per la libertà e la democrazia in Iran, mi levo in piedi in solidarietà con le madri che stanno ancora cercando i loro figli dispersi e unisco il mio dispiacere per il gran numero di giovani donne e uomini iraniani in prigione per il loro pacifico attivismo civile. Invito tutte le donne del mondo che amano la libertà a riunirsi ogni sabato nelle loro città vestite di nero per far sentire la loro solidarietà con il Comitato delle madri in lutto in Iran e aiutarle a far sentire la loro voce a tutto il mondo.
; Shirin Ebadi
(trad. Sara Riggio e Tiziana Valpiana)

mercoledì 29 luglio 2009

sabato 25 luglio 2009

Un drappo verde per sottolineare la solidarietà con il popolo iraniano


Sarà esposto sabato, 25 luglio, sulla facciata del Municipio di Bolzano e in altre 80 città di tutto il mondo
Pende già sulla facciata del Municipio il drappo verde che la Città di Bolzano ha deciso di esporre come segnale contro la violenza e contro l'ingiustizia in Iran. Infatti per domani, sabato 25 luglio, United for Iran (www.united4iran.com) ha organizzato una manifestazione mondiale di solidarietà con il popolo iraniano che prevede l'adesione più di 80 città nel mondo e la contemporanea esposizione del drappo verde davanti alle sedi istituzionali, tra cui appunto il nostro Municipio, a supporto e diffusione della democrazia.

venerdì 24 luglio 2009

Roma, studenti iraniani in sciopero della fame per protestare contro il regime

Sabato grande manifestazione davanti l'ambasciata di via Nomentana. Sono previsti cortei in tutto il mondo Segui>>>

mercoledì 22 luglio 2009

Decisioni di Giunta di Bolzano del 21.07.09

In solidarietà con il popolo iraniano che si batte per la democrazia, il 25 luglio prossimo il Comune di Bolzano aderirà ad una campagna internazionale che coinvolgerà innumerevoli capitali e città del mondo e appenderà fuori dal Municipio un drappo verde. La proposta era stata fatta al sindaco nei giorni scorsi da una delegazione di iraniani che vivono in Alto Adige.

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domenica 19 luglio 2009

Usando la forza la Guida suprema ha perduto ogni legittimità

Intervista Il teologo Khalaji
Cosa è successo? «Khamenei ha perso la sua legittimità politica e religiosa», replica Mehdi Khalaji, teologo sciita che ha studiato per 14 anni a Qom, prima di lasciare l' Iran per la Sorbona, e ora è ricercatore al Washington Institute for Near East Policy.

C' è da aspettarsi un maggiore ruolo dei religiosi in futuro?
No. Questo è il primo movimento politico e sociale in Iran in cui non hanno un ruolo forte. Diversamente dal ' 79 i religiosi seguono il popolo, non viceversa. Rafsanjani vorrebbe sostituire Khamenei con una Guida collegiale ma non può contare sulle istituzioni: sono tutte nominate direttamente o indirettamente da Khamenei. Segue>>>

sabato 18 luglio 2009

Teheran, scontri al corteo pro-Mousavi

Preghiera venerdì, scontri all'università. Poi migliaia di sostenitori del leader dell'opposizione scendono in piazza.
l'ex presidente sostenitore di Mousavi, parlando per la prima volta dopo la consultazione come guida della preghiera del venerdì. Rafsanjani ha criticato anche il Consiglio dei Guardiani, incaricato di sovrintendere le elezioni, che «non ha usato nel modo migliore possibile» il tempo a disposizione per esaminare le denuncie dei brogli presentate dai candidati sconfitti e ha invocato la liberazioni di tutti gli arrestati nelle proteste seguite al voto. «Non è necessario - ha poi aggiunto - che la gente sia messa in prigione in questa situazione. Lasciate che si riuniscano alle loro famiglie. Non facciamo in modo che i nemici ci ridicolizzino per via di queste detenzioni».

Secondo il sito di Mousavi, durante la preghiera del venerdì i miliziani avrebbero picchiato e sequestrato Shadi Sadr, attivista per i diritti delle donne fatta salire con la forza su una macchina mentre si stava recando all’Università

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mercoledì 15 luglio 2009

On July 25, stand in solidarity with the Iranian people

Join us on July 25, 2009 for a rally in your city in support of the Iranian people and in condemnation of the human rights abuses being committed by the Iranian government. Learn how you can get involved by emailing Hadi Ghaemi at united4iran@gmail.com.
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venerdì 10 luglio 2009

Catena umana dall’Università alla Volxfesta







L'intervento di Shirin Ebadi all'Accademia Europea di Bolzano


A cura di Rosanna Sestito

“Non fate di me un’eroina. … Questo paese, l’Iran, ha già patito troppo del culto delle leggende viventi, fonte di dispotismo. Gli eroi muoiono, falliscono, tradiscono. Siate gli attori del vostro destino. Che cosa vale un cambiamento sociale basato su un solo essere?” aveva detto Shirin Ebadi nell’anno in cui le è stato attribuito il premio Nobel per la pace. Segui>>>

Shirin Ebadi alla Volxsfesta

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Premio Nobel per la Pace Shirin Ebadi in Municipio


L'incontro con la Giunta Comunale. "Bolzano città bella e pacifica"
La Premio Nobel per la Pace 2003 l'iraniana Shirin Ebadi è stata ricevuta stamane in Muncipio a Bolzano dal vice sindaco Oswald Ellecosta e dagli assessori comunali Silvano Baratta, Maria Chiara Pasquali, Greti Rottensteiner e Primo Schoensberg oltre che dal presidente del Consiglio Comunale Rudy Benedikter. Segui>>>

venerdì 3 luglio 2009

Il mio popolo non è mai stato tanto unito

Viaggio in Italia
Il Nobel Ebadi: «Il mio popolo non è mai stato tanto unito»
Il ritorno alla democrazia è solo una questione di tempo
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK - «Il popolo iraniano alla fine vincerà: il ritorno alla democrazia nel mio Paese è solo una questione di tempo». Al telefono da Bolzano, dove domani ritirerà il premio Alexander Langer, per conto di Nargess Mohammadi, un' attivista dei diritti umani alla quale in Iran hanno ritirato il passaporto e arrestato il marito, il premio Nobel Shirin Ebadi lancia l' ennesimo monito al regime di Teheran: «fatevi da parte». «Bisogna annullare il voto e tornare subito alle urne, sotto l' egida dell' Onu - spiega la Ebadi al Corriere, coadiuvata dall' amica ed interprete Ella Mohammadi -: lo chiede il popolo iraniano, che non accetterà mai il risultato di queste elezioni truccate. Anche l' ex presidente Khatami le ha definite un golpe». Segue >>>

martedì 30 giugno 2009

a sostegno del popolo iraniano – il 3 luglio a Bolzano.

La manifestazione partirà con una catena umana alle ore 20 dall'Università-ex-Museion e si
concluderà alle 20.30 con un intervento del premio Nobel per la pace Shirin Ebadi all’interno della
VolxfestA sui prati del Talvera.

Appello – Aufruf: "EQUAL RIGHTS IRAN"















Manifestazione a sostegno del popolo iraniano
Bolzano il 3 luglio – ore 20
Programma>>>

Per aderire info@alexanderlanger.org


Con grande preoccupazione vediamo ogni giorno le immagini, e leggiamo notizie, di una violenta repressione in corso nelle città iraniane, contro manifestazioni di donne, giovani, giornalisti, intellettuali, artisti, semplici cittadini, che denunciano brogli nelle ultime elezioni presidenziali.
Non possiamo rimanere indifferenti davanti a questa intollerabile violazione della democrazia e dei diritti fondamentali.
Per questo rivolgiamo un appello alle istituzioni, alle associazioni civiche e ai singoli cittadini, perché si mobilitino per sostenere il movimento per le riforme in Iran che chiede nuove e libere elezioni, la scarcerazione di tutti gli arrestati, il rispetto dei diritti umani, di opinione, riunione, informazione e delle diverse convinzioni culturali, politiche e religiose.
Invitiamo ad aderire a questo appello e a partecipare ad una pacifica manifestazione a sostegno del popolo iraniano, portando messaggi e segni che ricordino la forma di protesta “verde e non violenta” che riempie le strade delle città iraniane e di tutto il mondo.
La manifestazione partirà con una catena umana alle ore 20 dall'Università-ex-Museion e si concluderà alle 20.30 con un intervento del premio Nobel per la pace Shirin Ebadi all’interno della Volxfest/a sui prati del Talvera.



Kundgebung zur Unterstützung des iranischen Volkes - am 3. Juli um 20.00 Uhr in Bozen
Mit großer Besorgnis verfolgen wir die Bilder und Nachrichten von den gewaltsamen Repressionen gegen Frauen, Jugendliche, Journalisten, Intellektuelle, KünstlerInnen, einfache Bürger, die gegen den mutmaßlichen Wahlbetrug protestieren.
Die Südtiroler Bevölkerung kann nicht teilnahmslos bleiben angesichts dieser Verletzungen der Menschenrechte und der Demokratie.
Aus diesem Grunde appellieren wir an alle Institutionen, Vereine, Bürgerinnen und Bürger, sich zu aktivieren, um die Massenbewegung, die freie Neuwahlen, die Freilassung aller Verhafteten, die Beachtung der Menschenrechte, Meinungs-, Versammlungs- und Informationsfreiheit sowie der Respekt jeglicher kultureller, politischer und religiöser Einstellungen, Meinungen und Überzeugungen fordert, zu unterstützen.
Wir ersuchen daher alle, die iranischen Zivilbevölkerung mit der Unterzeichung dieses Appells und der Teilnahme an der Friedensdemonstration am Freitag, 3. Juli um 20.00 Uhr auf der Talferbrücke zu unterstützen und Solidarität zu bekunden, und dabei am Eisengeländer Botschaften und Zeichen dieses "grünen und gewaltfreien" Protestes anzubringen.
Die Demonstration startet um 20 Uhr vor der Universität-ex-Museion und endet auf den Talferwiesen, wo um 20.30 Uhr die Friedensnobelpreisträgerin Shirin Ebadi, im Rahmen des Festivals Volxfest/a eine kurze Ansprache halten wird.

Promuovono: /Veranstalter:
Associazione Nedaye Iran Bz, Fondazione Alexander Langer Stiftung Bz
Radio Tandem Bolzano, Associazione Culturale Tandem Kulturverein Bolzano
Café Plural, Associazione Kaleidoskopio, Frauen Archiv/Archivio storico delle donne BZ
Per aderire /Um den Appell zu untersützen, bitte E-Mail an: info@alexanderlanger.org
Die Eintragungen und Unterstützungserklärungen werden
auf der Homepage www.alexanderlanger.org aktualisiert.
Le adesioni saranno aggiornate sul sito www.alexanderlanger.org.

lunedì 29 giugno 2009

Il premio Nobel Shirin Ebadi a Bolzano il 2 e 3 luglio


Equal Rights Iran: die Friedensnobelpreisträgerin Shirin Ebadi weilt am 2. und 3. Juli in Bozen - Il premio Nobel Shirin Ebadi a Bolzano il 2 e 3 luglio -
29.6.2009, Comunicato stampa - Pressemitteilung

Con grande preoccupazione vediamo ogni giorno le immagini, e leggiamo notizie, di una violenta repressione in corso nelle città iraniane, contro manifestazioni di donne, giovani, giornalisti, intellettuali, artisti, semplici cittadini, che denunciano non chiarite manipolazioni e brogli nelle ultime elezioni presidenziali.
Bolzano è particolarmente toccata da questi avvenimenti perché aspettava l'arrivo sia della destinataria del premio Alexander Langer 2009 Narges Mohammadi, alla quale è stato ritirato il passaporto, che del marito Taghi Rahmani, arrestato il giorno successivo alle elezioni e finalmente rilasciato dopo 15 giorni di detenzione.
A rappresentare Narges Mohammadi, e a raccontare del suo impegno che le vede unite nel Comitato dei Difensori dei diritti umani, ha deciso di essere presente a Bolzano, il 2 e 3 luglio prossimo, la premio Nobel per la pace 2003 Shirin Ebadi.Equal Rights Iran: il premio Nobel per la pace Shirin Ebadi a Bolzano il 2 e 3 luglio
Equal Rights Iran: die Friedensnobelpreisträgerin Shirin Ebadi weilt am 2. und 3. Juli in Bozen

Die Bilder und die Nachrichten von der gewalttätigen und blutigen Repression im Iran gegen Frauen, Journalisten, Jugendliche, einfache Bürger, die gegen noch ungeklärte größere Unregelmäßigkeiten während der letzten umstrittenen Präsidentenwahl demonstrieren, geben Grund zu tiefer Besorgnis.
Bozen ist besonders von diesen Ereignissen betroffen, weil die Stadt die Ankunft der Langerpreisträgerin 2009 Narges Mohammadi, welcher der Reisepass entzogen wurde, und ihres Mannes, Taghi Rahmani erwartete. Rahmani wurde am Tag nach den Wahlen verhaftet und nach 15 Tagen endlich wieder freigelassen.
In Vertretung von Narges Mohammadi wird nun die Friedensnobelpreisträgerin 2003 Shirin Ebadi nach Bozen kommen. Narges Mohammadi und Shirin Ebadi verbindet der gemeinsame Einsatz im „Defenders of Human Rights Center“ (Zentrum der Verteidiger der Menschenrechte) in Teheran.

domenica 28 giugno 2009

Così va avanti la nostra protesta

Fatemeh Karimi è una studentessa iraniana che, come tanti altri, sta vivendo questi giorni di paura, rabbia ed emozioni. Giorno per giorno, riferisce sul nostro sito quello che vede e sente, quello che vedono e sentono i suoi amici. Fatemeh aveva cominciato il suo racconto sul sito "AgendaComunicazione.it" che da tempo si occupa dei temi dell'informazione. I colleghi di "AgendaComunicazione" ci hanno chiesto di accogliere la sua voce anche su Repubblica.it per ampliarne la portata. Segui >>>

L'Apocalisse maschera del potere

fonte Barbara Spinelli - La Stampa
Ci sono abitudini simili a bende sugli occhi, che impediscono di vedere. O simili a guinzagli, che accorciano il pensiero annodandolo al conformismo. Il nostro sguardo sull’Iran è prigioniero di queste bende e questi guinzagli, fin dai tempi dello Scià e poi anche dopo la rivoluzione di Khomeini. L’Iran lo identifichiamo ormai da trent’anni con il turbante, con il Corano, con la violenza in nome di Dio, con la religione che s’intreccia alla politica e l’inghiotte. Quando i suoi dirigenti si ergono contro il mondo esterno o contro il proprio popolo, subito tendiamo a scorgere la mano e la mente d’un clero retrogrado. Il suo establishment usiamo chiamarlo religioso, nell’élite sacerdotale ci ostiniamo a non vedere altro che integralismo. Segui >>>>

sabato 27 giugno 2009

Fate volare palloncini verdinel cielo di tutto il mondo



"Fate volare palloncini verdi nel cielo di tutto il mondo"
Si cercano e s'inventano altre forme di lotta dopo la sanguinosa repressione dei giorni scorsiQualcuno è scomparso anche dal web: E ha scritto: "Ricordate il nostro martirio"di FATEMEH KARIMI segui >>>

venerdì 26 giugno 2009

Il video clandestino di Ahmadinejad

Il video clandestino di Ahmadinejad «La nostra rivoluzione è planetaria»
Il filosofo Bernard-Henri Lévy diffonde un discorso del leader iraniano: «E' fascismo»

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Il messaggio di Coelho «Iraniani, non siete soli»


l'intervista
Il messaggio di Coelho «Iraniani, non siete soli»

Lo scrittore: «Ma chiedo ai governi prudenza»

«Per la prima volta assistiamo al formarsi di una consapevolezza universale su ciò che sta accadendo. L'opinione pubblica di tutto il mondo segue i fatti di Teheran con attenzione, emozione, e una partecipazione inedita perché la tecnologia permette di interagire con i giovani iraniani. Internet e Twitter sono strumenti molto potenti». Lo scrittore brasiliano Paulo Coelho, autore di best-seller come L'alchimista o Brida venduti in oltre 100 milioni di copie nel mondo (editi in Italia da Bompiani), si è trovato indirettamente coinvolto nella storia simbolo della rivolta in Iran. «Domenica stavo guardando alla Cnn il video che documenta l'uccisione di Neda. Mi è sembrato di vedere al suo fianco Arash, medico e mio editore in Iran. L'ho conosciuto per motivi professionali, ma Arash è diventato innanzitutto un mio caro amico. Sulle prime non volevo crederci, conosco molte persone nel mondo, la mia impressione poteva non essere corretta. Come tutti ero molto turbato per quella scena, ho deciso di scrivergli un'email e mi ha risposto. Era lui».
Coelho ricorda la sua esperienza di prigioniero politico durante la dittatura brasiliana, «so bene che non bisogna mai nascondere la propria identità una volta che si è in pericolo. Più si è minacciati e più bisogna mostrarsi e rendersi noti, è un buon modo per proteggersi. Ma Arash per il momento non era ancora nelle mani della polizia. Credevo che il mio amico fosse già a Londra invece si trovava ancora in Iran, molto preoccupato che le autorità potessero identificarlo grazie al video». Il medico è riuscito infine a mettersi in salvo in Inghilterra grazie anche alla collaborazione di Coelho e dei molti giornalisti che aveva conosciuto durante una visita di questi ultimi in Iran; in molti avevano riconosciuto Arash ma hanno rivelato la sua identità solo dopo essersi assicurati che fosse finalmente arrivato a Londra. Pensa che la storia di Neda e di Arash contribuirà a sensibilizzare l'opinione pubblica sulla situazione in Iran? «Credo di sì, lo vedo anche dai contatti sul mio blog (www.paulocoelho.com) che sono molto aumentati da quando ho pubblicato il mio scambio di email con Arash. L'interesse del pubblico è molto importante, le autorità iraniane sanno che il mondo sta guardando».
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Non è deluso dalla mancanza di grandi manifestazioni di piazza in favore dei giovani iraniani? «No perché non mi pare un segno di disinteresse. Al contrario, credo che ci sia un enorme coinvolgimento che però oggi si esprime in altro modo, soprattutto online». Paulo Coelho ha una posizione cauta sui doveri di intervento dell'Occidente. E non condivide gli appelli a una maggiore decisione. «Preferisco l'interesse e la partecipazione dell'opinione pubblica all'azione diretta dei governi, che è un'arma a doppio taglio. In questi giorni ho molto apprezzato la posizione del presidente americano Barack Obama, che mi è sembrato saldo sui principi ma anche responsabile e giustamente prudente. A meno che qualche pazzo non pensi seriamente di intervenire militarmente in Iran». Il presidente Obama si è attirato critiche per questo, lo accusano di eccessiva realpolitik. «Credo invece che si stia comportando molto bene. Abbiamo davanti il pessimo esempio precedente di George W. Bush, che aveva la pretesa di imporre la sua visione al mondo. Per fortuna quell'epoca si è conclusa, l'Occidente non può pensare di interferire e pilotare direttamente gli avvenimenti». Anche il presidente brasiliano Lula ha mostrato la stessa prudenza, dicendosi convinto dell'effettiva vittoria di Ahmadinejad. «Io credo che sia difficile, per chi ha reali responsabilità, prendere una posizione avventata. Nessuno può ricontare tutti i voti, tanto più noi che siamo all'estero. Quel che possiamo fare però è seguire gli avvenimenti, e fare sentire agli iraniani che le persone comuni, tramite Internet e Twitter, sono con loro».
Stefano Montefiori26 giugno 2009

giovedì 25 giugno 2009

«E’ la prima rivoluzione via Internet, la guidano le donne e i blogger»

L'INTERVISTA
«E’ la prima rivoluzione via Internet, la guidano le donne e i blogger»

Parla Mahnaz Afkhami, scrittrice, ex ministro per gli affari delle donne prima della rivoluzione khomeinista

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — «Stiamo assistendo a quella che potrebbe diventare la prima rivoluzione guidata da Internet della storia». Mahnaz Afkhami, scrittrice, attivista ed ex-ministra iraniana per gli Affari delle donne prima della rivoluzione khomeinista, non esclude che il regime degli ayatollah sia in procinto di cadere. «Anch’io, come la maggior parte degli iraniani, giudico queste elezioni una truffa — spiega —. Hanno programmato i computer per dare il 60% ad Ahmadinejad e il 30% a Mousavi, persino nelle città dove quest’ultimo stravinceva nei sondaggi. Un trucco fin troppo trasparente».
Che cosa le fa pensare che si tratti proprio di una rivoluzione? «La convergenza di molti fattori nuovissimi. Pri­ma d’ora non avevamo mai assistito a liti tanto pub­bliche ai vertici delle elite al potere in Iran. E per la prima volta è il popolo a guidare i propri leader e non viceversa».
Cosa intende dire? «Dopo la sconfitta, Mousavi aveva esortato i suoi elettori a una calma rinunciataria, ma questi l’han­no spinto a rialzare i toni, rimettendo tutto in di­scussione. Oggi in Iran la piazza si muove più velo­cemente dei propri leader».
Come lo spiega? «L’Iran, dove il 70% della popolazione ha meno di 30 anni, è una nazione di cibernauti che sta gui­dando questa nuova rivoluzione con Twitter, You- Tube e Facebook. Che sono mille volte più avanti dei media internazionali nel raccontare cosa accade nel Paese. Non dimentichiamoci poi che tra i blog­ger più agguerriti ci sono molte donne».
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Che impatto possono avere tra le classi meno abbienti?«Enorme. Il loro è un movimento, più che un par­tito politico, un network con milioni di simpatiz­zanti che hanno organizzato una capillare campa­gna porta a porta, raggiungendo casalinghe, parruc­chiere e sarte. Sono state le donne, che alle ultime elezioni si erano astenute, a spingere il conservato­re Mousavi verso posizioni più progressiste, sce­gliendolo astutamente come il loro candidato solo perché aveva più chance di vittoria».
Alessandra Farkas 16 giugno 2009

«È un movimento democratico gandhiano»

L' intervista Il filosofo Ramin Jahanbegloo legge gli avvenimenti di questi giorni come una crisi di legittimità del sistema
«È un movimento democratico gandhiano»
Dialettica Una dialettica tra democratici non violenti e il potere che usa la violenza L' arcolaio Gandhi adottò l' arcolaio, il movimento ha trovato in Neda la madre della resistenza
«Stiamo vivendo un momento "gandhiano" in Iran» dice Ramin Jahanbegloo, il filosofo iraniano incarcerato nel 2006 nel suo Paese con l' accusa di sostenere la «rivoluzione di velluto», oggi docente di Storia contemporanea dell' Iran a Toronto. Nel suo libro pubblicato a dicembre, Leggere Gandhi a Teheran (Marsilio), Jahanbegloo individuava nella riflessione gandhiana percorsi di nonviolenza per promuovere sviluppi liberali nel mondo islamico, a cominciare dall' Iran. Ma l' «Onda verde» ha superato le sue stesse aspettative. Mousavi, come dicono alcuni, è un Gandhi islamico? «No, non lo definirei un Gandhi islamico. Ha mostrato molto coraggio, ma per essere un Gandhi devi essere a un altro livello di psicologia umana, avere qualità profetiche. Forse Mousavi ha preso la via di Gandhi senza rendersene conto. D' altra parte Gandhi diceva che la nonviolenza è antica quanto le montagne: chiunque si trovi davanti all' ingiustizia è spesso portato alla nonviolenza. E così è diventata una strategia rilevante per il movimento iraniano». Il movimento ha superato dunque Mousavi? «Se Gandhi adottò l' arcolaio come simbolo della nonviolenza, il movimento in Iran all' inizio ha assunto Mousavi come simbolo, ma poi ha trovato in Neda la madre della resistenza nonviolenta. Queste manifestazioni senza precedenti in 30 anni sono spesso viste come uno scontro tra i sostenitori di Mousavi e Ahmadinejad, ma credo che le richieste vadano oltre le elezioni e oltre Mousavi: è in corso una crisi di legittimità del sistema. C' è una dialettica tra coloro che cercano la democrazia con metodi non violenti e il potere che usa la violenza. E' un movimento per il cambiamento, fatto soprattutto di giovani, frustrati da economia, politica e società. Gandhi diceva: devi essere il cambiamento che vuoi vedere nel mondo. Persone come Neda, la studentessa di filosofia caduta sotto i proiettili, mostrano che la gioventù in Iran è abbastanza matura da portare al cambiamento». Lei credeva che i giovani iraniani non fossero pronti? «Per lungo tempo, tutti hanno pensato che fossero vittima di quella che chiamo "sindrome di James Dean": che fossero ribelli senza causa, senza spessore etico, edonisti, individualisti, egoisti. Ma stanno mostrando di possedere il senso della solidarietà, della reciprocità, della nonviolenza». L' islam ha nella sua tradizione il fondamento spirituale per una disobbedienza civile non violenta? «Tutti i tipi di religione e di spiritualità hanno un potenziale non violento accanto a un potenziale violento. Non vedo contraddizione tra spiritualità e nonviolenza». E l' Iran ha una tradizione simile? «La rivoluzione del 1979 è stata essa stessa un movimento nonviolento contro la dittatura. Nella storia abbiamo avuto tanti tiranni, ma molti dei nostri eroi sono figure mistiche e religiose non violente». Obama dice che «renderà testimonianza» al coraggio degli iraniani. Per il Wall Street Journal è una dichiarazione «gandhiana»: è «la testimonianza che dà potere all' approccio nonviolento rendendo pubblica la sofferenza privata». «Credo che non sia un approccio "gandhiano", ma cauto. Da quando è al potere, ha cercato il dialogo con l' Iran, ma si trova in una situazione complicata. Se la violenza nelle strade dovesse aumentare, sarà difficile un dialogo tra Iran e Stati Unit, e anche tra Iran ed Europa. L' Iran si trova in un momento cruciale sia per la politica interna che estera. Il "genio" della nonviolenza è uscito dalla lampada ed è difficile che possa rientrarvi. Né Obama né Berlusconi né Sarkozy possono ignorarlo. Ma hanno fatto bene a non fare dichiarazioni più aggressive. Non devono dare la sensazione che il movimento sia diretto dagli stranieri». Che probabilità di successo ha la protesta? «L' unico modo è che resti nonviolenta o sarà una carneficina. Credo che possano non solo avere la solidarietà del mondo ma anche quella di parte della nomenklatura. E anche se l' attuale regime dovesse prevalere e Ahmadinejad restare, il cambiamento arriverà nei mesi e anni a venire. E' già cambiata la mentalità della gente. Il paradigma repubblicano, motore della rivoluzione del ' 79, e il principio di sovranità popolare sono stati violati dal paradigma autoritario. Non credo però che la resistenza porterà a una rivoluzione di velluto. Ciò che è accaduto in Cecoslovacchia e nell' Est europeo potrebbe non accadere in Iran. Ma ciò che conta è lo spessore morale di ogni iraniano, è sfidare l' illegittimità della violenza, è la volontà di costruire il futuro dell' Iran sull' idea di verità». Viviana Mazza
Mazza Viviana
Pagina 2(24 giugno 2009) - Corriere della Sera

Anche giovedì ci sono state proteste e scontri nel centro di Teheran

NUOVI SCONTRI - Anche giovedì ci sono state proteste e scontri nel centro di Teheran. Sui social network sono denunciati episodi di violenza lungo viale Vali Asr e in piazza Enqelab. Alcuni manifestanti sarebbero entrati in contatto con i reparti anti-sommossa e molte persone sarebbero state arrestate. Stando ad alcuni utenti di Twitter, che affermano di trovarsi sul luogo degli scontri, la gente avrebbe lanciato pietre contro i poliziotti, urlando slogan come «morte a Khamenei». Le stesse fonti riportano che alcune auto e un bus sono stati incendiati e che gli elicotteri starebbero sorvolando le zone dei disordini.

scomparsi 2 mila giovani



Il governo parla di 645 arresti. Un’Ong: scomparsi 2 mila giovani
Naser, Mehdi e gli altri Il dramma dei desaparecidos
Centinaia di famiglie non sanno nulla dei propri figli

«Ti dico una cosa. Nessuno appartiene a nessun altro. Tu sei mio figlio ma non sei mio. Appartieni a questo mondo. E noi cerchiamo di vivere in questo mondo». Così Mania Akbari parla ad Amin, bambino cocciuto ma anche ferito dal divorzio dei genitori, mentre guida per le strade di Teheran nel film Dieci di Abbas Kiarostami. Amin è il suo vero figlio, oggi ha 17 anni. Alle 10 di sera del 16 giugno, giorno di protesta nelle strade della capitale, Amin non era tornato a casa dalla madre attrice, pittrice e regista. «Sono momenti che né il cinema né alcuna forma d’arte possono esprimere. L’ho cercato in ogni ambulanza, stazione di polizia e ospedale in città — ha raccontato Akbari in un’email diffusa su Internet e dal quotidiano iraniano Etemad Melli —. Mi sono trovata faccia a faccia con altri genitori che cercavano i figli e le figlie: madri che gridavano i loro nomi, padri che piangevano in silenzio. Ragazzi terrorizzati nelle stazioni di polizia in attesa del loro destino... Un incubo. Mercoledì mattina ho trovato mio figlio alla centrale di polizia di via Pasdaran. La ragione dell’arresto: portava una fascia verde per Mousavi ed era stato identificato come membro attivo alla sua campagna presidenziale. È stato rilasciato mercoledì grazie all’intervento di amici, artisti e funzionari di polizia. Amin è stato sottoposto a pestaggio e abusi emotivi».
Le autorità iraniane parlano di 645 arresti in totale. Ma secondo l’International Campaign for Human Rights in Iran (Ichri), il numero dei desaparecidos nel Paese sarebbe arrivato a 2000. Prelevati in strada, sequestrati da agenti in borghese o senza distintivo in casa, in ufficio, all’università, negli ospedali dove si erano rifugiati feriti dopo le proteste. Sono stati portati in luoghi sconosciuti, e i familiari non hanno informazioni, spiega Aaron Rhodes, portavoce dell’Ichri: «In questi casi aumentano i rischi di tortura e morte in detenzione».
Grazie alla rete di contatti in Iran, l’Ichri ha identificato i nomi di 240 arrestati: 102 politici e attivisti riformisti, 23 giornalisti, 86 studenti e professori delle università di Mazandaran, Shiraz, Ghazvin, Babol, Hamedan e Teheran. «Ma nei registri degli ospedali sono molte di più le segnalazioni di persone scomparse. Potrebbero essere morte o detenute», dice Rhodes. Oltre a Neda Agha-Soltan, sono stati identificati altri tre giovani uccisi: Naser Amirnejad, che frequentava un dottorato in studi aerospaziali, e Mostafa Ghanian, morti il 14 giugno in un attacco attribuito ai basiji all’Università di Teheran; Mehdi Karami, 17-18 anni, vicino a piazza Azadi il 15 giugno.
«Vedendo Amin in questo stato, mi vergogno — dice Akbari nell’email —. L’ho cresciuto nell’illusione che nel suo Paese natio prevalessero l’umanesimo e l’atmosfera democratica. L’ho incoraggiato a scegliere un’università iraniana anziché studiare all’estero». Raggiunta dal Corriere al telefono a Teheran, risponde di non poter dire più nulla sull’arresto del figlio.
«Molti genitori hanno paura di parlare», dice da Parigi Nooshabeh Amini, giornalista del quotidiano iraniano Rooz Online. «A volte temono di essere arrestati anche loro». Amini ha contattato al telefono il padre di un ragazzo di 25 anni scomparso: «Non sappiamo se sia vivo o morto», le ha risposto l’uomo, Akbar Sadri. «Non ci hanno detto nulla». Poi un urlo. La cornetta messa giù a forza. Pochi minuti dopo, il telefono di Amini squilla: un agente di sicurezza le chiede come abbia avuto il numero di Sadri e cosa voglia da lui. Viviana Mazza
Viviana Mazza25 giugno 2009

ALMENO TRENTA VITTIME SOLO SABATO



il giornale Roozonline: «ALMENO TRENTA VITTIME SOLO SABATO»
In Iran altri giovani morti come NedaE il web sdogana i filmati della repressione
Più di 30 video diffusi da un "team" di iraniani a Parigi: mostrano gli spari sui civili, gli scontri e gli incendi
I video sono oltre trenta: mostrano le forze dell’ordine che sparano sui civili alle manifestazioni, mostrano scontri e incendi. Sono una sorta di archivio (in divenire) delle poche immagini disponibili sulla rivolta in Iran (e della repressione), dopo le presidenziali del 12 giugno. Mentre alla stampa straniera è impedito l’accesso al Paese e alle manifestazioni anti-governative, un gruppo di iraniani a Parigi ha creato una sorta di ufficio stampa per la rivolta e diffuso un elenco di video ai media stranieri.
«SOLO SABATO ALMENO 30 MORTI» - «Abbiamo messo insieme una lista di link a filmati che la gente ci ha mandato dall’Iran», spiega Maysam Makhmalbaf, figlio del regista di Viaggio a Kandahar. Suo padre è stato in Italia martedì per rinnovare l’appello ai governi europei a non riconoscere Ahmadinejad. Non è chiaro quante persone siano state uccise durante le manifestazioni. Sabato ci sarebbero stati dieci morti secondo la tv di Stato iraniana, ma le vittime di quel giorno sarebbero almeno trenta secondo il giornale Roozonline, vicino ai riformisti. Nei giorni precedenti, i morti sarebbero stati tra gli otto e i quindici, ma non è possibile verificare questi numeri in modo attendibile.
I FILMATI - Nell’archivio messo insieme dal "team" di Parigi, ci sono video che mirano a dimostrare la morte di altri giovani oltre a Neda, la ragazza diventata simbolo della rivolta, anche se le immagini (forti) non possono essere verificate in modo indipendente. Tre di loro sarebbero rimasti uccisi sabato 20 giugno: un giovane pare essere stato colpito al volto (video), un altro allo stomaco (video), e una terzo sarebbe stato ucciso a piazza Tohid, a Teheran (video). Quel giorno Faezeh Rafsanjani, la figlia dell’ex presidente, sostenitrice del candidato dell’opposizione Mousavi, era tra la folla in via Valiasr (video) e per questo è stata arrestata e interrogata per 24 ore, prima di essere rilasciata domenica. I manifestanti sono tornati in strada il giorno dopo, gridando: «Non abbiate paura, non abbiate paura, siamo uniti» (video). Vi sono stati arresti (video): il totale dall'inizio delle proteste secondo la polizia iraniana è di quasi 500. Ma la repressione si è fatta più dura, sono aumentate le minacce. I manifestanti sono scesi in piazza di nuovo lunedì 22 giugno, ma erano un migliaio appena (video) nel giorno in cui i Guardiani della rivoluzione (o pasdaran), milizia fedele alla Guida Suprema Ali Khamenei, si sono detti pronti a reprimere duramente ogni protesta. Ma i Guardiani avrebbero già sparato sulla folla in passato, secondo questo video di venerdì 19 giugno (video). E a Teheran, cecchini visibili sui tetti hanno sparato sui manifestanti ferendone alcuni (video).
LE MANIFESTAZIONI E LA REPRESSIONE - Le manifestazioni sono iniziate il giorno dopo le elezioni (video), con l’annuncio del voto. E subito sono iniziati i tentativi di repressione (video). Il 16 giugno (video) come pure il 18 (video) vi sono state nella capitale due grandi proteste silenziose. Il 17 giugno c’erano milioni di persone in strada (video), come già accaduto il 15 giugno in piazza Azadi, alla presenza di Mir Hussein Mousavi (video). Alle stesse proteste non sono mancati gli attacchi dei “basiji”, gruppo di paramilitari controllato dai pasdaran, e forse di altre forze dell'ordine. Il 16 giugno, diversi civili sono stati feriti da spari in piazza Azadi (video): uno di loro, colpito allo stomaco, in questo filmato giace in strada e viene soccorso da altri manifestanti (video). Testimonianze di scontri e violenze alle manifestazioni sono arrivati anche da altre città iraniane. Un video mostra un giovane che sarebbe stato ucciso a Isfahan (video). Un altro l'uso di lacrimogeni contro la folla a una manifestazione a Shiraz (video). Ma le notizie giunte dalla periferia del Paese sono ancora più ridotte. Il 15 giugno, nell’attacco di un gruppo di manifestanti a un edificio dei basiji, questi ultimi avrebbero sparato sulla folla, facendo 7 morti, secondo alcune fonti. Un filmato mostra una delle vittime (video). In questo video del 14 giugno, invece, un manifestante viene picchiato da forze di sicurezza in divisa antisommossa e giace a terra immobile nel cortile di casa (video). Diversi studenti dell’Università di Teheran hanno denunciato di essere stati attaccati e picchiati quella domenica: si parla di 7 possibili vittime in un attacco ad un dormitorio. In questo filmato, alcuni si loro mostrano segni di pestaggio sul corpo: guarda. In un altro, mandato in onda anche dalla tv Cnn, si sentono le urla strazianti di una donna, nel buio della notte, presumibilmente durante un’incursione delle forze dell’ordine nella sua abitazione (video).
Viviana Mazza24 giugno 2009

"Paura e fuga da piazza BaharestanHo visto con i miei occhi la carneficina"




Il racconto di una studentessa iraniana che partecipa alle manifestazionidi questi giorni. Prima per le strade, poi, a casa, davanti a internet
"Paura e fuga da piazza BaharestanHo visto con i miei occhi la carneficina"

di FATEMEH KARIMI
Con questo articolo, Fatemeh Karimi comincia il suo racconto da Teheran per Repubblica.it. Fatemeh è una studentessa iraniana che, come tanti altri, sta vivendo questi giorni di paura, rabbia ed emozioni. Da oggi, giorno per giorno, riferirà sul nostro sito quello che vede e sente, quello che vedono e sentono i suoi amici. Fatemeh aveva cominciato il suo racconto sul sito "AgendaComunicazione.it" un sito che da tempo si occupa di comunicazione. I colleghi di "AgendaComunicazione" ci hanno chiesto di accogliere la sua voce su Repubblica.it per ampliarne la portata. TEHERAN (notte tra mercoledì e giovedì) - Ieri alle 16 c'è stata una nuova manifestazione davanti al parlamento nella piazza Baharestan nel cuore della città. Sono fiduciosa e calma sento degli amici al telefono per organizzarmi e andare in gruppo. Da sola non avrei il coraggio. Ci diamo appuntamento a metà strada e ci dirigiamo con altra gente a piedi verso il Parlamento. C'è una calma surreale come prima di una tragedia, mi tremano le mani e sento il mio respiro che si fa sempre più affannoso. Ormai ci sono, devo andare c'è qualcosa che mi spinge alla manifestazione. Giriamo l'angolo e vediamo subito una grande mobilitazione. Molti ci hanno preceduti. Questa volta la polizia si è organizzata e iniziano a disperderci anche se siamo in piccoli gruppi. Hanno in mano manganelli sono in moto, hanno il sangue negli occhi. Iniziamo a scappare... Non so come succeda... Solo, un amico inizia a gridare: ''corri Fatemeh scappa''. Io non esito, eseguo l'ordine, corro, mi cade il velo sono impacciata. Poi rallentiamo e posso guardarmi indietro: è una carneficina. Manganellate fortissime persone uomini e donne a terra che si proteggono il volto con entrambe le mani. Questa volta è diverso non hanno avuto nessuna pietà.
Mi nascondo dietro una macchina parcheggiata, i ragazzi però non mollano lanciano sassi, ma è una battaglia impari loro sparano e feriscono con i coltelli. Sento i colpi, scappo, ho troppa paura e torno a casa. Non ho idea di quanti eravamo non so spiegare quanti erano loro, non riesco a ragionare, ho ancora l'adrenalina che mi scorre nel sangue. Mi connetto al mio computer per avere qualche notizia. Sono riuscita ad installare un software che aggira i filtri. Vado sul sito della Bbc Persian, ma non ci sono ancora notizie. Cerco di chiamare al telefono i miei amici, non rispondono. Sono stranamente sollevata non voglio sapere cosa è successo. Poi mi chiameranno loro: stanno tutti bene per questa volta. Subito ci mettiamo d'accordo per domani. Nessuno sa ancora quando e dove ci saranno le manifestazioni. Ci penserò domani adesso ho un desiderio irrefrenabile di andare su internet. Sui siti ufficiali non c'è alcuna notizia, ma su Facebook sono stati linkati articoli che parlano della carneficina a Baharestan. Mi rendo conto della gravita e riesco a ragionare. Non ci sono stime dei morti feriti o degli arrestati. Non ci posso pensare devo cercare di scoprire dove ci sarà la prossima manifestazione e soprattutto se Mousavi o Karroubi ci saranno. Il ''quarto candidato'' Mohsen Rezaie oggi ha ritirato le sue accuse di brogli dal Consiglio dei Guardiani della Rivoluzione spiegando che la stabilità del regime nel suo insieme è più importante dei presunti brogli. Anche lui si è aggiunto ai vigliacchi che non hanno il coraggio di vedere la verità, quella che noi gridiamo tutti i giorni per le strade lasciando i nostri fratelli (17 confermati) morti sull'asfalto. Il leader supremo Ali Khamenei ha concesso una proroga prima di convalidare le elezioni di 5 giorni per far vagliare tutte le denunce di brogli pervenute al Consiglio dei Guardiani. Verso le 22 iniziano ad arrivarmi mail sul da farsi; venerdi coloriamo il cielo di verde con palloncini gonfiati con idrogeno e fumo a Teheran. Oggi si torna in piazza. Invece su alcuni blog leggo che giovedi (oggi) la manifestazione è prevista alle 16.30 da piazza Enqelab a Valiasr strada principale di Teheran che collega il nord al sud. Speriamo di essere in tanti e che i nostri leader ci diano segnali di appoggio. Il sindaco. Il sindaco di Teheran Mohammad Baqer Qalibaf ha chiesto alle autorità di concedere l'autorizzazione per le manifestazioni spiegando che questo è l'unico modo per evitare le violenze e le perdite umane. Inoltre si è appellato agli organi legislativi e esecutivi per chiarire la situazione e cercare la pacificazione sociale. Mousavi e la Tv. Inoltre Mousavi ha dichiarato che andrebbe a rispondere alle domande e chiarire le sue richieste e ragioni alla televisione di Stato solo a patto che la trasmissione venga messa in onda in diretta per scongiurare censure. In risposta i responsabili della tv di Stato hanno detto di essere pronti ad un dialogo televisivo. Conservatori divisi. Segnali di spaccature arrivano anche dal gruppo parlamentare dei conservatori che hanno dichiarato che il loro sostegno ad Ahmadinejad non è assoluto. Durante la cerimonia di congratulazioni si sono presentati 200 parlamentari 10 in meno dell'altra volta. Mancavano: Ali Larijani presidente del parlamento, Mohammad Reza Bahonar, Gholam Ali Hadad Adel ( ex presidente del parlamento) e Ahmad Tavakoli, tutti conservatori e veterani politici. Dov'è sepolta Neda? Mentre continua il braccio di ferro tra i politici del regime, la famiglia di Neda Agha Soltani è stata costretta ad andare via dalla propria abitazione ad est di Teheran. La ''leonessa della libertà'' è stata uccisa da un cecchino Basiji mentre stava manifestando insieme a tante altre ragazze, la sua salma non è stata consegnata alla famiglia ed è stata sepolta senza che i gnitori ne fossero al corrente. Le moschee di Teheran non erano autorizzate ad celebrarle un degno funerale. Docenti e giornalisti arrestati. Secondo il sito Kalameh, 70 membri del consiglio islamico dei docenti dell'università sono stati arrestati dopo aver avuto un incontro con Mir Hossei Mousavi, non ci sono notizie del luogo dove gli hanno trasferiti. Secondo altre fonti, dall'inizio delle manifestazioni i giornalisti e i blogger arrestati sono 20. Ma non si hanno notizie di altri giornalisti che potrebbero essere in carcere, oppure sono nascosti per sfuggire agli arresti. Karoubi. Mehdi Karoubi ha rilasciato un intervista al proprio giornale Etemad Melli dichiarando che il governo scaturito dalle elezioni del 12 giugno è fuorilegge e che non riconoscerà Ahmadinejad come presidente. Spiegando inoltre che gli iraniani per scongiurare brogli hanno partecipato in massa alla "elezioni con una affluenza record del 85% , ma il destino del voto era già scritto". Respinge le accuse secondo quali i manifestanti sarebbero manovrati da forze straniere e si dice disposto ad una ''gara ''di manifestazioni delle due schiere per far vedere che i sostenitori di Ahmadinejad sono la minoranza che vuole prevaricare su una maggioranza evidente. Calcio. La FIFA ha chiesto spiegazioni alla federazione calcio iraniana sulla punizione inflitta ai sei giocatori dopo la partita con la Corea del Sud quando alcuni giocatori hanno indossato bracciali verdi in segno di solidarietà ai manifestanti. Saranno esclusi dalla nazionali iraniana Javad Nekonam, Ali Karimi, Hossein Ka'abi, Massod Shojai, Mohammad Nosrati e Mehdi Mahdavi Kia. Tutti giocatori professionisti e amati dalla gente. Domani inizia di nuovo la battaglia: quella delle bugie della radio televisione contro twitter, face book e blog, quella degli slogan e dei fiori portati alla manifestazione contro la violenza e i manganelli.
(25 giugno 2009) Tutti gli articoli di esteri

PAULO COELHO e ARASH HEJAZI


Caro Arash, ho bisogno di sapere dove sei, se le cose che vedo/leggo sono vere»
Coelho racconta nel suo blog la fuga del medico che aiutò Neda
L’iraniano fece da guida allo scrittore a Teheran
di PAULO COELHO e ARASH HEJAZI
A sinistra, Paulo Coelho con Arash Hejazi. A destra, il medico nel video
Il mio miglior amico in Iran, un medico che mi ha mostrato la sua bellissima civiltà quando sono stato in visita a Teheran nel 2000, un uomo che ha combattuto una guerra nel nome della Repubblica islamica contro l’Iraq, che si è preso cura dei soldati al fronte, che ha sempre difeso i veri diritti umani, lui è l’uomo che ha cercato di resuscitare Neda colpita al cuore.
Tarda sera di domenica, guardo il video di Neda. Mi sembra di riconoscere Arash Hejazi ma preferisco non credere a ciò che vedo. Gli mando un’email.
Domenica 21 giugno, ore 23Caro Arash, ho bisogno di sapere dove sei, se le cose che vedo/leggo sono vere. Solo dopo potrò prendere una posizione io stesso — naturalmente seguendo il tuo consiglio. Con affetto Paulo
Lunedì 22 giugno, ore 2,05 Carissimo Paulo, sono a Teheran. Il video dell’assassinio di Neda è stato girato da un mio amico e tu mi puoi riconoscere nelle immagini. Sono quello che cerca di salvarla, inutilmente. È morta tra le mie braccia. Scrivo con le lacrime agli occhi. Ti prego di non divulgare il mio nome. Ti contatterò presto con maggiori dettagli. Con affetto Arash
A questo punto decido di inserire il video sul mio blog. Per il resto della giornata cerco di contattare Arash. A un certo punto, qualcuno risponde al suo cellulare e si dice un «giornalista della Cnn ». Comincio a essere preoccupato.
Lunedì 22 giugno, ore 17,46 Caro Arash, finora, ancora nessuna notizia da te. Dopo la pubblicazione del video sul mio blog, sembra che si sia diffuso in tutto il mondo, comprese citazioni sul New York Times, sul Guardian, National Review eccetera. Perciò ora la mia preoccupazione maggiore è per te. Ti prego di rispondere a questa email dicendomi che stai bene, citando il nome della persona con cui abbiamo trascorso il Capodanno del 2001, tanto per essere certo che sei tu a rispondere all’email. Non mi fido di questa persona della Cnn che risponde al tuo cellulare. Se non lo fai, potrei far sapere il tuo nome alla stampa, così da proteggerti — la visibilità è l’unico espediente per stare sicuri, a questo punto. Lo so perché sono stato un prigioniero di coscienza. Se mi rispondi, a meno di tue istruzioni diverse, smetterò di assillarti, per il momento. La mia preoccupazione ora sei tu. E la tua famiglia. Con affetto Paulo p.s. diversi amici hanno ricevuto in copia questo scritto
Martedì 23 giugno, ore 1,35 Carissimo Paulo, sto bene per ora. Non sono a casa mia. Non so della Cnn, il nome dell’amico è Frederick. Con affetto Arash Martedì 23 giugno, ore 1,37 Carissimo Paulo, cercherò di lasciare il Paese domattina. Se non arrivo a Londra alle due del pomeriggio, significa che mi è capitato qualcosa. Fino ad allora, aspetta. Mia moglie e mio figlio sono a (...). Il loro telefono: (...), la loro email (...). Ti prego di aspettare fino a domani. Se mi succede qualcosa, ti prego di prenderti cura di mia moglie (...) e mio figlio (...). Sono là, soli, e non hanno nessun’altro al mondo. Con grande affetto, è un onore averti come amicoArash
Un giornalista brasiliano, Luis Antonio Ryff, che aveva seguito la mia visita in Iran, riconosce Arash nel video e mi scrive per esserne certo. Glielo confermo, chiedendogli però di tenere segreto il nome. Ryff è d’accordo, nonostante si renda conto che questo è uno scoop per lui. Vorrei ringraziarlo qui per la sua dignità.
Mercoledì 24 giugno, ore 13,55 Arash sbarca a Londra.

mercoledì 24 giugno 2009

Intervista con regista Iraniano Makhmalbaf

>>> Video

RIVELAZIONE DEL WALL STREET JOURNAL

Rivelazione del Wall Street Journal
L'Iran censura il web grazie a tecnologia occidentale. L'Italia tra i fornitori
«Centro di monitoraggio» grazie all’assistenza di una joint venture con Siemens e Nokia
WASHINGTON – Il Wall Street Journal ha rivelato che, grazie alla tecnologia acquistata in Occidente, l’Iran è in grado censurare e controllare l’uso di Internet. Sempre secondo il quotidiano, Teheran ha creato «un centro di monitoraggio» con l’assistenza di una joint venture formata dalla tedesca Siemens e dalla finlandese Nokia.
CONTRATTO - Il contratto, chiuso nella seconda metà del 2008, sarebbe stato seguito da un’attività di controllo piuttosto ridotta, ma che si è espansa quando la protesta popolare ha incendiato le principali città del Paese. Un intervento deciso per contrastare l’unico vero canale di informazione verso l’esterno. Grazie a Twitter, ai network sociali e ai telefonini, gli oppositori iraniani hanno potuto rivelare quanto stava avvenendo nelle strade. Le rivelazioni del quotidiano americano, in realtà, confermano quanto è già emerso in passato. Dopo il 2001, gli iraniani hanno fatto di tutto per acquisire materiale sofisticato necessario per tenere d’occhio dissidenti ed eventuali agenti stranieri. Microspie, apparati per le intercettazioni telefoniche e radio, know how per la bonifica di ambienti sono stati i principali prodotti sulla lista della spesa.
OCCIDENTE - Buon parte della tecnologia è arrivata dai Paesi occidentali che, in cambio di contratti, hanno fatto il patto con il diavolo. E tra coloro che hanno fornito «gingilli elettronici» c’è anche l’Italia. Una collaborazione favorita dalla particolare situazione strategica creatisi con l’invio di nostri contingenti in Afghanistan, Iraq e Libano sud. Aree dove i servizi segreti iraniani hanno una certa influenza potendo contare su rapporti con formazioni armate locali. E allora in cambio di un occhio di riguardo e di un’eventuale protezione, Teheran ha chiesto «un piccolo favore». Così è arrivata la tecnologia per le intercettazioni e, sembra, un’assistenza nel training della Vevak, la polizia segreta degli ayatollah.
Guido Olimpio